Il gasdotto Larino – Chieti è parte di un progetto organico denominato “Hub del Gas”, assieme ad altre opere (tra cui il Tap). Contrariamente a quanto sostenuto da SGI, la finalità dell’opera non è semplicemente quella di migliorare il servizio di distribuzione del gas nella zona adriatica. Si tratta, invece, di un più ampio progetto che mira a trasformare l’intero Bel Paese in una piattaforma logistica per il trasporto del gas in Nord Europa: insomma il territorio italiano sarà assoggettato ad una vera e propria servitù di passaggio.
A maggior riprova dell’inutilità dell’opera intervengono argomentazioni inconfutabili. Innanzitutto i dati relativi al consumo interno di gas: dai circa 46 miliardi di mc del 2006 si è passati agli attuali 38 miliardi di mc (fonte MISE). E’ inopinabile, dunque, che le infrastrutture esistenti risultano essere già abbondantemente sovradimensionate. Se ciò non bastasse, l’ultima Strategia Energetica Nazionale del governo Gentiloni, prevedendo il raggiungimento della quota del 55% di ricorso alle fonti rinnovabili, indica chiaramente quale futuro obiettivo l’ulteriore diminuzione del consumo di gas. L’esigenza di abbandonare le fonti fossili nel più breve tempo possibile, d’altronde, è una questione che investe l’intera economia mondiale. Limitare le emissioni di anidride carbonica, ottenere una maggiore ricaduta occupazionale e una maggiore autonomia energetica sono le sfide strategiche che l’Italia in particolare sarà chiamata ad affrontare. Insomma, una cosa è certa: a giovare della realizzazione del gasdotto sarà esclusivamente SGI, dato che neppure un mc di gas ivi trasportato servirà a soddisfare i relativi consumi di molisani e abruzzesi.
In virtù dei dati appena forniti è indubitabile che il gasdotto Larino – Chieti, nonostante SGI affermi il contrario, fa parte di un progetto più ampio, che prevede il collegamento con i pozzi di estrazione e gli stoccaggi esistenti, come il “Treste” (al confine tra Abruzzo e Molise), o in progetto, come quelli di San Martino sulla Marrucina e del Sinarca. Quest’ultima opera interesserà i comuni di Guglionesi, Montecilfone, Palata e Montenero di Bisaccia e, date le caratteristiche (capacità di immagazzinamento di circa 300 milioni di mc e un’erogazione massima giornaliera di 3,2 milioni di mc), desta ancor più preoccupazione. Difatti, in base a quanto previsto dalla direttiva Seveso sulla prevenzione e la gestione degli incidenti, è un impianto a rischio di incidente rilevante, pertanto necessita del Piano di Emergenza Esterno per la popolazione. Tra i rischi, in particolare, come dimostrato in diversi studi e per stessa ammissione del MISE, vi è quello relativo all’attività di stoccaggio, potenzialmente in grado di generare terremoti anche di magnitudo elevata. E’ del tutto evidente l’inopportunità di realizzare siffatte opere in un territorio che, già fragile, è stato interessato di recente dall’apertura di una nuova faglia.
Riccardo Vaccaro: Nei giorni scorsi il Comitato “I Discoli del Sinarca” è stato contattato da Termoli Wild per realizzare un servizio nel meraviglioso bosco “Corundoli” di Montecilfone. Senza pensarci due volte, il Comitato ha accettato l’invito. Abbiamo trascorso una bellissima giornata in uno dei siti naturali più importanti della Regione Molise, sebbene la politica locale non sia mai riuscita a sfruttare appieno il suo enorme potenziale.Il bosco “Corundoli” è in serio pericolo perché sarà attraversato dal gasdotto Larino – Chieti. Si tratta di un’opera inutile che non comporterà nessun tipo di beneficio per i cittadini molisani e abruzzesi, i quali saranno costretti a sopportare tutti i rischi e i costi.