TERMOLI WILD oltrenatura: STATO DEI FIUMI ITALIANI “PARLA IL WWF”

Parla il WWF: minacciati, spesso addirittura sull’orlo dell’estinzione, e per di piu’ una delle categorie meno conosciute. Sono i pesci d’acqua dolce, minacciati dall’inquinamento, dalla costruzione di sbarramenti e dighe lungo i corsi d’acqua, da metodi di pesca indiscriminati, dal bracconaggio, dai massicci prelievi d’acqua per uso industriale, agricolo o domestico e della perdita della biodiversita’ causata dall’introduzione di specie alloctone, cioe’ non appartenenti alla fauna originaria. Ora un importante contributo alla conoscenza della fauna ittica viene dal WWF Italia, che ha realizzato uno studio sullo status e sulla conservazione dei pesci d’acqua dolce italiani, redatto da due tra i maggiori esperti del settore: gli ittiologi Sergio Zerunian e Anna Rita Taddei. Fra le specie che il WWF individua come a rischio di estinzione in Italia ci sono due specie di storione (Acipenser sturio e Acipenser naccarii) due specie di trota (macrostigma e marmorata) la lampreda di fiume, il ghiozzo di ruscello, il carpione del Garda e il carpione di Posta Fibreno. Fra le proposte di intervento proposte dal WWF per la conservazione dell’ittiofauna delle acque interne, oltre alla migliore applicazione e al miglioramento delle normative esistenti, soprattutto per la riduzione dell’inquinamento, la rinaturalizzazione di alcuni tratti dei corsi d’acqua cementificati, la costruzione di speciali passaggi (le cosiddette “scale di risalita”) che permettano ai pesci di superare gli sbarramenti artificiali per raggiungere le aree di riproduzione o di accrescimento, una severa disciplina delle attivita’ di ripopolamento dei bacini fluviali, l’istituzione di parchi fluviali o lacustri, reintroduzioni faunistiche mirate per alcune specie (ad esempio per la trota macrostigma, che sopravvive in un’area limitata della Sardegna). Ma ogni sforzo sarebbe vano senza una concreta applicazione delle normative esistenti, seppur lacunose. Un esempio? La Direttiva 78/659 Cee sulla Qualita’ delle acque dolci che richiedono protezione o miglioramento per essere idonee alla vita dei pesci’, che mira a proteggere in particolare le specie indigene e stabilisce che le autorita’ competenti debbano effettuare periodici monitoraggi delle acque. “E’ forse superfluo affermare – si legge nel dossier – che l’Italia e’ quasi completamente inadempiente nei confronti di questa importante direttiva, che pure e’ stata recepita con il D.L. 130/92: basti considerare lo stato di applicazione della normativa nazionale sulla tutela delle acque dall’inquinamento (la cosiddetta “Merli”) e la scarsita’ di programmi di monitoraggio delle acque da parte delle amministrazioni regionali e provinciali”. Discorso analogo per la Direttiva Cee 92/43 (“Conservazione degli habitat naturali”) e della Convenzione di Berna sulla “Conservazione della vita selvatica e dell’ambiente naturale in Europa”. Uno degli allarmi lanciati dal dossier del WWF e’ quello relativo ai danni causati dai ripopolamenti: l’introduzione di nuove specie per la pesca sportiva provoca spesso forme di ibridazione con conseguente perdita dei ceppi genetici originari, ed un possibile impatto sugli ecosistemi.  Può accadere, infatti, che la specie alloctona introdotta sovrasti la specie autoctona fino a sostituirsi ad essa (ad esempio nel fiume Amaseno il ghiozzo padano, introdotto negli anni ’80, sta scalzando il ghiozzo di ruscello). Infine i ripopolamenti effettuati con materiale raccolto in natura ma in bacini idrografici molto distanti, provoca l’inquinamento genetico causato dall’ibridazione delle specie, come nel caso delle trote provenienti da allevamenti nord-europei che ha provocato la rarefazione e in alcuni casi la scomparsa dei ceppi autoctoni di trota fario e macrostigma. Le pratiche di ripopolamento dovrebbero, dicono gli esperti del WWF, essere condotte “con pesci di origine controllata, cioe’ prodotti con tecniche di riproduzione artificiale, utilizzando riproduttori catturati nello stesso ambiente che deve essere ripopolato”, cosi’ da evitare variazioni della biodiversita’ nelle comunita’ ittiche. “Questo studio, con il quale abbiamo voluto approfondire un aspetto ben circoscritto del rapporto “Ecosistema Italia”, presentato nel maggio scorso – ha dichiarato Fulvio Fraticelli, Responsabile del Settore Diversita’ Biologica del WWF – vuole essere uno strumento di riferimento per la conservazione di un gruppo animale per il quale i dati disponibili sono estremamente scarsi. L’importanza della conservazione della diversita’ biologica delle nostre acque dolci si puo’ riassumere con un dato: il 25% della fauna ittica delle acque interne italiane e’ composta da forme endemiche (cioe’ presenti solo nel nostro Paese) e si arriva al 40% se si sommano anche le forme subendemiche, che cioe’ sconfinano in parte su altri territori. Cio’ deve responsabilizzare molto il nostro Paese nel campo della conservazione di questo prezioso patrimonio biologico”.

PESCI D’ACQUA DOLCE, SONO I PIU’ A RISCHIO, DIFFICILE SALVARLI

Per alcuni di loro la situazione e’ ormai drammatica: sono lo Storione cobice, lo Storione ladano, la Trota macrostigma, il Carpione del Fibreno e il Carpione del Garda . Tutte specie di pesci d’acqua dolce fino a pochi anni fa poco conosciute, e conosciute troppo tardi. L’introduzione di specie con cui sono entrate in competizione, il consumo per uso alimentare e il degrado dei nostri fiumi in molti casi rendono difficile, o impossibile, fare qualcosa per salvarli. Considerando i pesci delle acque interne in senso stretto, il numero di specie o sottospecie che si riproduce in Italia è di 48. Pur non essendo quest’ultimo un numero molto elevato, il valore faunistico e più in generale quello biologico di questo gruppo risulta molto grande se si considera il numero di forme endemiche (12) e quelle sub-endemiche (7). Molte sono le attività antropiche che possono produrre danni alle popolazioni dei pesci delle acque interne, fino a determinarne la scomparsa. Le principali cause che possono provocare direttamente l’estinzione locale sono: 1. Inquinamento prodotto dalle attività industriali . 2. Inquinamento prodotto dalle attività agricole . Uso di prodotti chimici (pesticidi, fitofarmaci, diserbanti); è noto che essi, poco o affatto biodegradabili, giungono negli ambienti acquatici portati dalle piogge. 3. Costruzione di sbarramenti . Le dighe e gli sbarramenti di minore entità, impediscono la libera circolazione dei pesci nei bacini idrografici. Ciò risulta negativo per le specie migratrici, particolarmente per quelle alle quali viene impedito l’accesso alle aree di riproduzione. 4. Pesca e bracconaggio . Legislazioni e controlli carenti possono favorire attività di pesca indiscriminate, praticate con metodi e in periodi da poter provocare seri danni alle popolazioni ittiche. A ciò si devono aggiungere attività di vero e proprio bracconaggio, compiute con ogni sorta di mezzi. 5. Captazione di acqua . Molte attività dell’uomo richiedono l’uso di grandi quantitativi d’acqua dolce, che vengono prelevati dalle falde o direttamente dai corpi d’acqua. Questi prelievi di acqua possono mandare in secca i corsi d’acqua, in modo particolare nelle regioni a clima mediterraneo. 6. Inquinamento organico . Le sostanze convogliate nelle fognature o direttamente nei fiumi e nei laghi dagli insediamenti urbani e da quelli zootecnici, soprattutto se non depurati o mal depurati, provocano alterazioni dei corpi d’acqua. 7. Canalizzazione . La canalizzazione di un corso d’acqua riduce drasticamente la sua diversità ambientale. Con l’eliminazione delle anse, per esempio, scompare la possibilità di formazione di aree dove l’acqua rallenta la sua velocità e dove si producono differenze nella profondità; molti pesci sono legati a queste zone. 8. Interventi sugli alvei . Molti tipi di interventi sugli alvei di un corso d’acqua producono perdita di diversità ambientale, primo fra tutti la cementificazione. 9. Introduzione di nuove specie. L’introduzione di una specie in un ambiente dove prima non era presente produce come effetto immediato un aumento di biodiversità della comunità ittica.

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