Trivelle e Gasdotti, studio scientifico ripreso da Nature smentisce Governo e Snam, convengono le rinnovabili da subito

Gli scienziati smentiscono Snam e Governo su trivelle e gasdotti come il Sulmona-Foligno. L’autorevole rivista Nature commenta “L’Italia potrebbe sostituire rapidamente il gas con le rinnovabili.

Ancora “Ridurre l’attuale consumo di gas investendo nell’energia pulita non è solo fattibile, ma porterebbe risparmio e posti di lavoro, spiega uno studio.

Coord. No Hub del Gas “puntare sulle fossili è da terrapiattisti”
Uno studio scientifico di Lorenzo Mario Pastore, Gianluigi Lo Basso e Livio De Santoli, tre ricercatori del Dipartimento di Ingegneria dell’Energia dell’Università La Sapienza, pubblicato su un’autorevole rivista internazionale, Journal of Cleaner Production, di fatto smentiscono Snam e Governo su trivelle, rigassificatori e nuovi gasdotti evidenziando che è più conveniente da ogni punto di vista puntare da subito su efficienza energetica e rinnovabili.La rilevanza della ricerca è tale che lo studio è stato ripreso immediatamente da un articolo di commento sull’edizione italiana di Nature.

Il virgolettato che abbiamo usato come titolo potrebbe sembrare la ripetizione di quelli che abbiamo usato in questi anni ma è appunto… il titolo dell’articolo di Nature!
Scrive testualmente Nature nel commento “Le risposte a breve termine in Italia si sono concentrate sul garantire l’approvvigionamento di gas dal Nord Africa o sulla installazione di rigassificatori per importare gas naturale liquefatto da altri paesi. Ma uno studio pubblicato sul Journal of Cleaner Production dimostra che la strategia economicamente più valida sarebbe di passare rapidamente all’energia pulita, piuttosto che diversificare le fonti di energia da combustibili fossili.

L’articolo, che utilizza l’Italia come caso di studio in Europa, si avvale di simulazioni matematiche per studiare come si potrebbe ridurre il consumo di gas in Italia nel corso dei prossimi anni o due, soprattutto aumentando l’efficienza energetica e con una rapida diffusione delle tecnologie rinnovabili già disponibili. Il messaggio chiave è che “decarbonizzare costa meno che diversificare”, afferma l’autore principale, Lorenzo Mario Pastore, del Dipartimento di Ingegneria Astronautica, Elettrica ed Energetica della Sapienza Università di Roma.

Nature ricorda che “Le recenti azioni del neoeletto governo italiano vanno nella direzione opposta, promuovendo le trivellazioni nell’Adriatico e l’apertura di rigassificatori, e possono portare a un’espansione dell’uso dei combustibili fossili, proprio quando la scienza del clima e le istituzioni internazionali sono chiare sulla necessità di eliminarli. L’articolo di Pastore sottolinea come i grandi investimenti in impianti e infrastrutture del gas potrebbero diventare “stranded assets” e ritardare e ostacolare la diffusione delle tecnologie rinnovabili. I nuovi gasdotti e gli impianti di rigassificazione, scrivono gli autori, rappresentano “un investimento a lungo termine che contraddice la necessità di una rapida decarbonizzazione dei sistemi energetici” e possono “sottrarre capitale agli investimenti in tecnologie verdi”. “Il documento sottolinea inoltre come l’implementazione del gas rappresenti una “barriera per il processo di transizione verso le energie rinnovabili e i sistemi energetici sostenibili”. Pastore afferma che ritardare la decarbonizzazione a causa della crisi energetica e dell’inflazione è un’occasione persa, non solo da un punto di vista economico.“Cade quindi l’alibi degli amministratori che sostengono la strategicità delle nuove opere fossili, a partire dal gasdotto della rete Adriatica Sulmona – Foligno dichiarato recentemente fondamentale dal governo Draghi.
In realtà è “strategico” solo per i bilanci di Snam visto che queste opere saranno pagate dagli italiani per decenni attraverso bollette sempre più care assicurando profitti continui e certi per le imprese fossili. Con il paradossale rischio di pagare due volte queste grandi opere, visto che potrebbero diventare rapidamente “stranded assets” e, cioè, investimenti che devono essere svalutati se abbandonati per l’impellente necessità di abbandonare le fossili per salvare il clima, comportando perdite di lungo periodo visto che un gasdotto ha una vita utile di 50 anni per cui se lo costruiamo oggi dovrebbe funzionare fino al 2072! 
La comunità scientifica è compatta da anni nel richiedere di abbandonare velocemente le fossili usando tecnologie già mature. Addirittura lo scorso anno l’Agenzia Internazionale dell’Energia ha evidenziato che se si vuole fermare la crisi climatica bisogna lasciare sottoterra il gas. Sono già centinaia i progetti di fotovoltaico depositati al ministero per decine di migliaia di MW di potenza da installare.
Diversi commentatori pro-fossili, parlano genericamente di superare “l’approccio ideologico” sull’energia ma qui abbiamo da un lato la scienza e dall’altro una forma di terrapiattismo a uso e consumo dei petrolieri che sta lanciando il Pianeta verso il disastro climatico.
Qui il link e sotto il testo completo del commento di Nature: https://www.nature.com/articles/d43978-022-00156-4
Lo studio scientifico è qui: https://linkinghub.elsevier.com/retrieve/pii/S0959652622029614

Comunicato stampa del 25-11-22 COORDINAMENTO NO HUB DEL GAS
INFO3683188739

e-mail:segreteriah2oabruzzo@gmail.com
Articolo e commento di NATURE:

I prezzi del gas in Europa hanno subito un’impennata negli ultimi 18 mesi. A causa dell’invasione russa dell’Ucraina, sono aumentati di oltre il 300% dal maggio 2021. I consumatori sono alle prese con bollette energetiche alle stelle e affrontano la prospettiva di prezzi ancora più alti il prossimo inverno, mentre il settore dei combustibili fossili registra profitti record. L’Unione Europea ha sottolineato la necessità di diversificare le importazioni di energia, soprattutto per Paesi, come l’Italia, che si affidano pesantemente al gas russo.

Le risposte a breve termine in Italia si sono concentrate sul garantire l’approvvigionamento di gas dal Nord Africa o sulla installazione di rigassificatori per importare gas naturale liquefatto da altri paesi. Ma uno studio pubblicato sul Journal of Cleaner Production dimostra che la strategia economicamente più valida sarebbe di passare rapidamente all’energia pulita, piuttosto che diversificare le fonti di energia da combustibili fossili1.

L’articolo, che utilizza l’Italia come caso di studio in Europa, si avvale di simulazioni matematiche per studiare come si potrebbe ridurre il consumo di gas in Italia nel corso dei prossimi anni o due, soprattutto aumentando l’efficienza energetica e con una rapida diffusione delle tecnologie rinnovabili già disponibili.

Il messaggio chiave è che “decarbonizzare costa meno che diversificare”, afferma l’autore principale, Lorenzo Mario Pastore, del Dipartimento di Ingegneria Astronautica, Elettrica ed Energetica della Sapienza Università di Roma.

Pastore e i suoi colleghi hanno utilizzato uno strumento informatico molto diffuso per l’analisi e la configurazione dei futuri sistemi di energia rinnovabile, ottenendo più di 2.000 scenari basati su diversi mix energetici, investimenti in tecnologie rinnovabili e prezzi del gas naturale. In particolare, hanno considerato l’aggiunta di pannelli solari fino a 10 GW e 5 GW rispettivamente per la produzione industriale di energia elettrica e per gli impianti residenziali, di impianti eolici fino a 10 GW, e un aumento del 15% della quota di edifici che utilizzano pompe di calore. Ogni scenario comprende simulazioni del consumo energetico, dei costi energetici e dell’impatto occupazionale legato all’installazione di nuova capacità rinnovabile.

I ricercatori hanno scoperto che un investimento di 20 miliardi di euro nelle rinnovabili sarebbe sufficiente a ridurre il consumo di gas di quasi 40 TWh, con un “costo di abbattimento” (il costo di produrre un’unità di energia con le rinnovabili invece che con i combustibili fossili) di 45 euro/MWh. L’attuazione completa delle strategie proposte nell’articolo richiederebbe 80 miliardi di investimenti complessivi e porterebbe a una riduzione di 75 TWh/anno del consumo di gas a un costo medio di circa 70 €/MWh. Questo costo sembrerebbe elevato rispetto ai prezzi “normali” del gas naturale, che per anni sono stati inferiori a 20 €/MWh, ma non lo è rispetto a quelli recenti, che dalla primavera hanno superato gli 80 €/MWh, con picchi di oltre 120 €/MWh.

I ricercatori hanno anche concluso che quell’investimento di 80 miliardi di euro creerebbe 640.000 posti di lavoro temporanei per la fase di produzione, costruzione e installazione delle fonti rinnovabili, e 30.000 posti di lavoro permanenti per il funzionamento, la manutenzione e la produzione. Inoltre, queste misure ridurrebbero le emissioni annuali del sistema energetico italiano di 21,5 megatonnellate di CO2.

Le recenti azioni del neoeletto governo italiano vanno nella direzione opposta, promuovendo le trivellazioni nell’Adriatico e l’apertura di rigassificatori, e possono portare a un’espansione dell’uso dei combustibili fossili, proprio quando la scienza del clima e le istituzioni internazionali sono chiare sulla necessità di eliminarli.

L’articolo di Pastore sottolinea come i grandi investimenti in impianti e infrastrutture del gas potrebbero diventare “stranded assets” e ritardare e ostacolare la diffusione delle tecnologie rinnovabili.

I nuovi gasdotti e gli impianti di rigassificazione, scrivono gli autori, rappresentano “un investimento a lungo termine che contraddice la necessità di una rapida decarbonizzazione dei sistemi energetici” e possono “sottrarre capitale agli investimenti in tecnologie verdi”. “Il documento sottolinea inoltre come l’implementazione del gas rappresenti una “barriera per il processo di transizione verso le energie rinnovabili e i sistemi energetici sostenibili”. Pastore afferma che ritardare la decarbonizzazione a causa della crisi energetica e dell’inflazione è un’occasione persa, non solo da un punto di vista economico.

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