Tutela del Fratino, interviene ISPRA con due pareri tecnici. Sport del kite surfing fonte di disturbo nelle aree importanti per la specie; gabbiette sui nidi potenzialmente dannose, delimitazioni attorno ai nidi devono essere idonee. Stazione Ornitologica Abruzzese “oltre alla tutela dei singoli punti nido pensare alla tutela dell’habitat anche per consentire l’alimentazione dei pulcini per permetterne la crescita e l’involo“
L’ISPRA, il massimo organo dello Stato in materia di fauna selvatica, interviene con due pareri sulla tutela del Fratino a firma di Lorenzo Serra, uno dei principali ricercatori europei di uccelli acquatici, chiarendo dal punto di vista tecnico due questioni, quella del potenziale disturbo arrecato dallo sport del kite surfing e quello delle modalità di tutela dei siti riproduttivi con delimitazioni e cosiddette “gabbiette” che ancora vengono poste da alcuni sui nidi della specie.
L’Istituto è intervenuto a seguito di alcune segnalazioni inviate dalla Stazione Ornitologica Abruzzese in merito a situazioni riscontrate in Abruzzo che possono determinare problemi di conservazione.
L’associazione aveva segnalato a vari enti lo svolgimento di attività di kite surfing in diverse aree fondamentali per la specie per la nidificazione e la ricerca alimentare, anche all’interno dell’Area Marina Protetta di Cerrano, dove è pure dovuta giustamente intervenire la locale polizia municipale suscitando tra l’altro alcune critiche sui social, come minimo poco informate.
“Il kite surfing è certamente un bellissimo e spettacolare sport che si sta diffondendo – dichiara Massimo Pellegrini, presidente della Stazione Ornitologica Abruzzese – ma deve essere svolto in determinate aree sia per ragioni di pubblica incolumità, in quanto ci sono stati diversi incidenti, anche mortali, sia perché, come conferma pienamente l’ISPRA dal punto di vista scientifico, può determinare una grave forma di disturbo per specie rare come il fratino strettamente legate al litorale. Il momento di preparazione sulla spiaggia delle vele, tenute da cavi lunghi molti metri, l’ondeggiare delle stesse al vento sia sulla spiaggia sia nelle aree più prossime all’arenile, crea un disturbo per gli individui in alimentazione, in un momento delicatissimo come quello della riproduzione, e per quelli in cova con il rischio di abbandono del nido. Aggiungiamo che in alcuni casi abbiamo assistito a situazioni dove la preparazione delle vele avrebbe potuto determinare anche la distruzione involontaria dei primi nidi al piede della duna, perché le vele sbattevano sulla spiaggia. Pertanto questo sport deve essere svolto esclusivamente in aree con specifica destinazione e concessione e gli enti preposti devono tener conto della questione della tutela delle specie quando le individuano lungo la costa mentre oggi assistiamo a forme di utilizzo anarcoide del litorale che non sono assolutamente sostenibili anche per la sicurezza di tutti i fruitori della spiaggia“.
Un secondo parere riguarda le modalità di tutela dei siti di nidificazione.
“ISPRA – continua Pellegrini – ha chiarito alcuni aspetti fondamentali che abbiamo più volte evidenziato, come, ad esempio, l’uso scorretto dei nastri da cantiere in plastica bianca e rossa per la delimitazione dei nidi, che possono diventare fonte di disturbo per gli stessi individui in cova oppure la pericolosità per la sopravvivenza degli adulti dell’uso delle cosiddette “gabbiette” poste sopra ai nidi. Diversi studi, come ricorda ISPRA, hanno dimostrato che questo strumento che si pensava utile per difendere i nidi in realtà paradossalmente aumenta la mortalità degli adulti che vengono predati più facilmente da rapaci, gatti, volpi ecc. nei nidi dove viene posta la gabbietta. In Abruzzo, ad esempio, è già capitato in almeno un caso che una femmina di fratino sia stata sbranata da un gatto accanto a un nido con la gabbietta. In una specie longeva come il Fratino la perdita degli adulti incide negativamente sulla demografia della popolazione determinando quella che potremmo definire un caso di eterogenesi dei fini. Pertanto ISPRA ritiene che bisognerebbe evitare l’uso di questi strumenti riservandoli a situazioni particolari e dopo aver rilevato e valutato attentamente e oggettivamente alcuni parametri ambientali e previo svolgimento delle procedure autorizzative necessarie come quelle previste dalla Legge 157/1992 e dal DPR 357/1997 che prevede, tra l’altro, lo svolgimento della Valutazione di Incidenza Ambientale. ISPRA richiama invece l’utilità, già sottolineata nel Piano faunistico regionale, del posizionamento di eventuali recinzioni con reti a maglia larga come quelli da pastorizia, per prevenire il disturbo da cani vaganti. Le delimitazioni, inoltre, devono essere ampie sufficientemente tenendo conto della distanza di fuga degli adulti in cova. Delimitazioni troppo a ridosso dei nidi permettono ai curiosi di avvicinarsi costringendo gli animali alla fuga. L’Istituto evidenzia, infine, l’importanza di riservare aree sulla spiaggia idonee alla crescita e all’involo dei pulcini, un momento chiave della riproduzione, in quanto il successo delle azioni di tutela e conservazione della specie si deve valutare sul tasso d’involo. Ricordiamo che dopo una cova di 25-30 giorni, una volta schiuse le uova i pulcini si muovono sulla spiaggia assieme a uno o entrambi i genitori, alimentandosi autonomamente per circa 30 giorni prima di poter spiccare il primo volo, risultando particolarmente vulnerabili a cani, lavori con mezzi meccanici sulla spiaggia, disturbo ecc.. Per questo per la sopravvivenza della specie è necessario assicurare l’idoneità di tratti di spiaggia sufficientemente ampi e su questo c’è molto da fare a partire dall’effettiva attuazione delle misure già previste dal Piano del Demanio Regionale del 2015, dalla tutela delle foci dei corsi d’acqua alla tutela e ricostituzione della vegetazione dunale“.
Comunicato stampa dell’11 giugno 2022 Stazione Ornitologica Abruzzese